Abitare Connessioni
“La mia scelta consisterebbe nel recupero dell’intero paese non di un intervento con qualche scultura, graffito in un angolo che non avrebbe nessun significato e non conterebbe niente, ma un intervento totale, cioè intervenire nel paese, imbiancando tutte le case, facendo correre i pergolati liberamente che tendono a farlo malgrado gli interventi di scoraggiamento continuo”.
Costantino Nivola
Abitare connessioni non è “solo” un festival, ma molto di più. Ispirato alla lezione di Costantino Nivola e alla trama verde del pergolato che intreccia i fili e i legami delle comunità, il Festival, è pensato come un “intervento totale” che contribuisca a rifondare lo spazio pubblico, tessere relazioni, dipanare conflitti e trasformare i rapporti tra le persone, riportando le comunità in piazza, tra le strade, negli angoli nascosti tra le curve di intricate viuzze nelle quali si affacciano le tipiche abitazioni in granito e pietra, sulle scalinate delle chiese e lungo suggestivi itinerari immersi in un paesaggio aspro, selvaggio e pittoresco. Dal 2 al 7 Agosto Mamoiada, Orani, Orgosolo e Ottana saranno la scenografia di un ricco programma artistico che nasce dall’incontro e dalla felice contaminazione tra tradizione e iper-contemporaneità, tra la ricchezza delle tradizioni locali e visioni d’oltremare chiamate a misurarsi con un patrimonio culturale ancora integro. Obiettivo è produrre conoscenza attraverso la costruzione partecipata di nuovi mondi, più sostenibili, capaci di mettere al centro una comunità in e di relazione che si riappropria dei beni comuni rendendoli asset di un processo di riconnessione della catena di valore, di creazione di nuovo capitale sociale, di rifondazione di modelli neocomunitari reinterpretati grazie ai linguaggi contemporanei. Proprio perché orientato alla legacy, il programma del Festival è pensato per essere generativo di idee, visioni, relazioni, pratiche, esperienze capaci di contribuire ai processi di riscrittura partecipata del territorio. Infatti, comunità locali, istituzioni, operatori culturali ed economici, università, centri studi, singoli artisti e ricercatori co-abiteranno i territori per generare insieme narrazioni inedite e plurali di nuove forme di abitare, produrre e “fare” in rete in un sistema integrato. Nuovi percorsi che, partendo dall’eredità di società mutualistiche e collaborative, sappiano proporre modelli economici scalabili e sostenibili in una logica intersettoriale. Gli artisti verranno invitati ad abitare i luoghi e i percorsi espositivi e performativi, frutto di residenze di produzione e formazione, verranno realizzati con la collaborazione delle maestranze e degli operatori locali e con il coinvolgimento attivo della cittadinanza. Al fine di ragionare sulle potenzialità delle aree interne, il festival prevede 4 mattine di formazione e apprendimento collaborativo a cura di Sardarch e della Scuola di economia Civile sui temi del community management, del protagonismo giovanile, della cooperazione, dell’economia circolare, della rigenerazione territoriale su base culturale, delle imprese di comunità, dei beni comuni, dei processi di attivazione dal basso e delle governance partecipative sostenibili. Percorso riservato a 20 giovani dei territori e ai giovani delle aree degli altri festival vincitori con l’obiettivo di creare una rete di “agenti di cambiamento”, una comunità di pratica ibrida, la scuola si lega ai momenti di dibattito pubblico che animeranno le piazze dei 4 borghi per invitare le comunità a partecipare attivamente alla riprogrammazione dei loro luoghi di vita e di lavoro, andando a dialogare con protagonisti locali e nazionali secondo un format inedito fortemente interattivo e dal taglio performativo. Ogni giorno sarà fitto il calendario di eventi culturali che spazieranno dalle Officine Comunitarie, dedicate alle sapienti tradizioni locali, alla sezione Suoni in Barbagia a cura della Fondazione Teatro Lirico fino al ricco programma di arte pubblica curato da Maria Paola Zedda con ZEIT in dialogo con le istituzioni museali del territorio, Fondazione Nivola a Orani e Museo delle Maschere a Mamoiada, che arricchiscono significativamente il programma artistico. La sera, infatti, i borghi saranno letteralmente attraversati dagli esiti performativi e scenici delle residenze artistiche di Andreco a Ottana, Mara Cassiani a Mamoiada, Claudia Losi a Orgosolo, Cristian Chironi, Enzo Cosimi, Gianmarco Porru e Fabio Saiu a Orani, mentre Aereocene di Tomàs Saraceno disegnerà le vie di connessione tra i paesi. Gli artisti co-produrranno le loro opere insieme a performer, musicisti, danzatori, video maker cittadine e cittadini per poi lasciare spazio il 7 a una grande festa comunitaria finale, preludio di un percorso che si intende mantenere vivo e che lasci nel territorio segni tangibili di nuove relazioni, alleanze, pratiche, progettualità e di una narrazione frutto dell’intreccio di tutti i linguaggi artistici e di alleanze strategiche destinate a perdurare nel tempo. È un esempio la collaborazione con la Fondazione Sardagna Film commission per la produzione di lasciti video che diffondano il messaggio oltre i confini di pietra che spesso ci isolano e per la scoperta di luoghi da abitare con i nuovi linguaggi cinematografici. E nella stessa direzione vanno lette le collaborazioni con il DICAAR, chiamato a ragionare su una rifondazione e rimodulazione di spazi di frontiera, di luoghi marginali che sono riscoperti come hub “non per un intervento con qualche scultura, graffito in un angolo” ma per un intervento totale” (Costantino Nivola) e con l’Istituto Europeo di Design per i laboratori di costruzione ispirati alle forme del maestro oranese. Sono due interventi pensati per restituire bellezza, appartenenza, conoscenza e centralità a territori non standardizzati ma ancora ricchi di storia, cultura, memoria, significati e che a lungo hanno avuto una sola nostalgia, quella del futuro. Ed è al futuro che guarda il Festival rendendo i giovani i protagonisti dell’intero programma che ha previsto l’attivazione di un percorso di volontariato culturale altamente specializzato pensato quale occasione di alta formazione e di trasferimento di competenze e saperi.
“Rifare il Mondo” a cura di Maria Paola Zedda, è un festival nel festival, un percorso di interventi artistici site specific dove coreografi, artisti visivi e performer sono invitati a un dialogo serrato con il territorio
individuando per ogni centro coinvolto un campo di ricerca e di attraversamento. Tomàs Saraceno, Andreco, Enzo Cosimi, Mara Oscar Cassiani, Cristian Chironi, Claudia Losi, Carlos Amorales, sono stati coinvolti in percorsi di residenze e partecipazione che vengono poi restituiti in forma performativa e installativa durante i giorni del festival. Insieme a loro, in un programma integrato curato con il Museo Nivola e in particolare con la direttrice Antonella Camarda, sono presentate le opere visuali e performative di Gianmarco Porru e di Fabio Sau insieme ad Antonio Bissiri, sottolineando l’importante ruolo delle nuove generazioni di artisti sardi nel panorama contemporaneo attuale. Concepito come un viaggio collettivo, RIFARE IL MONDO, è un invito a condividere una pratica di coesistenza che individua nel rapporto tra l’abitare umano e la vita delle altre specie un imprescindibile ambito di ricerca, secondo un percorso itinerante che attraversa di borgo in borgo le tradizioni, le memorie, i percorsi di resistenza, le fragilità dei territori e per estensione del pianeta, riattivando trame millenarie.
Agli artisti è stato chiesto di “attraversare” i contesti, infrangendo confini, secondo un disegno circolare capace di connettere i borghi tra loro, prima nelle fasi di residenza precedenti al festival, e poi collettivamente con i partecipanti durante la manifestazione conclusiva. Con un sistema di peregrinazioni e soste vengono ripercorsi racconti millenari e attraversati i sistemi di produzione locale legati alle specifiche peculiarità dell’artigianato rivisitate dalle pratiche artistiche contemporanee attraverso le prospettive e le trame di un’ecologia planetaria. Ogni artista in residenza scrive un percorso situato e corale riattivando specifiche forme di produzione e riti, coinvolgendo i gruppi e i laboratori locali, gli artisti, i produttori in un sistema connettivo.
ALMENO SIN QUI
—Il programma—-
Epicentro del festival è Orani da cui prende avvio l’attivazione dei territori con Cristian Chironi, che inaugura la mostra personale Notes from My House is a Le Corbusier negli spazi suggestivi dell’ex Caserma e racconta performativamente le connessioni attraverso dialoghi radiofonici condotti tra le strade al volante della 127 camaleonte, attraversando, guidato dalle policromie progettate dall’architetto svizzero, le strade barbaricine e amplificando attraverso una performance radiofonica e fisica, le narrazioni che il festival crea.
Legata dal filo rosso che connette il rapporto tra architettura, arte e ambiente in apertura si innalza sui cieli di Orani l’installazione partecipativa Aerocene concepita da Tomàs Saraceno, un’opera collettiva costituita da un pallone aerostatico, frutto di un lavoro corale come un invito a partecipare alla sfida per la costruzione di una Mappatura contro l’estinzione, in un’ottica open-source e collaborativa che traccia un momento simbolico di elevazione attraverso la cura del territorio.
Durante l’inaugurazione una preview della performance dell’artista Andreco, impegnato nell’attivismo ambientalista, conduce al Museo Nivola. Il giorno 3 agosto sempre a Orani Enzo Cosimi presenta nella folgorante location di Campu Santu Vetzu Coefore in Barbagia, un’indagine sulle danze mediterranee ispirate alla tragedia greca con particolare riferimento al ruolo del femminile e dei modelli matriarcali in un percorso partecipativo e di contaminazione che vedrà il coinvolgimento di danzatrici di ballu tundu del territorio. Starring della performance la musicista Lady Maru, attiva tra Roma e Berlino, che innesta le sonorità dark techno con la densa musicalità dei cori tradizionali.
Sempre il 3, visitabile per l’intera giornata e per tutta la durata del festival, inaugura l’installazione di Gianmarco Porru Per mezzo di stelle, esposto a San Marino in occasione di Mediterranea19 School of waters, a cura di Simone Frangi, Alessandro Castiglioni e A Natural Oasis? un progetto performativo a lungo termine iniziato nel 2019, che a partire da una lettura de Le sacre du printemps di Igor Stravinsky, analizza quelle pratiche comunitarie, come le feste pagane legate i cicli produttivi e della natura, nel Mediterraneo che utilizzano il tempo libero come forma di
aggregazione. In questo processo il lavoro si concentra sui linguaggi corporei e gli spazi coreografici abitati da corpi individuali e collettivi in occasione di queste celebrazioni rituali.
Il festival il 4 si sposta a Ottana dove Andreco, artista e ingegnere ambientale, affascinato dalle capacità di risanamento degli organismi vegetali, con la sua parata per l’ambiente mette al centro la questione dell’importanza delle piante nel ripristino ambientale e della fitodepurazione delle acque, rileggendo un territorio che a seguito della chiusura dell’impianto Enichem si pone con forza il tema delle dimissioni e del futuro di zone post-industriali dopo l’abbandono delle campagne. Sono coinvolti enti e istituzioni per ripensare la relazione tra borgo e spazio industriale, per costruire un canto e un cammino corale rituale attraverso la collaborazione con i Tenore Santa Maria di Otzana di Ottana, la musicista Maria Antonietta Bosu e l’artigiano Paolo Lai.
Il messicano Carlos Amorales fa intraprendere un viaggio a una maschera tradizionale barbaricina sino a un villaggio indios di discendenza Purépecha nel centro del Messico, che ribellatosi al narcotraffico e alla corruzione delle forze dell’ordine ha costituito una forma istituzionale autonoma, con propria moneta e bandiera. L’opera lega così in un percorso simbolico storie di resistenza e di liberazione, di soprusi coloniali e di riparazione, attraverso il reenactment di passate e nuove ritualità, in un percorso transnazionale di connessioni culturali. L’opera video è allestita al Museo delle Maschere di Mamoiada.
Agli adolescenti e con la loro partecipazione è invece rivolta la performance Spirit di Mara Oscar Cassiani, il 5 agosto a Mamoiada: un viaggio basato sul passaggio dalle maschere tradizionali vernacolari della Sardegna verso i rituali contemporanei giovanili contemporanei, Premio Digital Live, Romaeuropa. ll progetto è un’analisi spettacolare e installativa che si attiva attraverso una commistione del ritmo della trance del rito tradizionale con quello della musica elettronica digitale.
Con un dialogo interspecie che interroga l’allevamento dei bachi da seta e i saperi in estinzione, Claudia Losi ricerca a Orgosolo le sonorità e le tradizioni tra l’artigianato, il cucito e il ricamo, lavorando sulle relazioni che a partire da questo animale piccolissimo si generano nel mondo, attivando così la comunità di donne tessitrici di Orgosolo, generando con loro non solo trame tessili, ma anche narrazioni, favole, rinsaldando le relazioni (anche in forma simbolica) con la comunità. Con Mano che passa e voci che tessono l’artista interpella le ultime tessitrici, connettendo (attraverso delle registrazioni e loro rielaborazione) al tessuto sonoro del lavoro manuale, femminile in particolare, la voce: il canto di lavoro, il canto d’amore, il canto d’addio, il canto che culla, il canto che guarisce genereranno un primo “dispositivo”performativo.
Si ritorna il 7 a Orani per la festa finale, in un atto di riconnessione che si amplifica grazie alla presenza di
Fabio Sau e Antonio Bissiri che con Gaia La nuova umanità invitano a un nuovo contatto con un mondo non violentemente antropizzato in una performance all’alba nei boschi limitrofi. Sono inoltre coinvolti Eventi Verticali, Mara Oscar Cassiani impegnata in un djset e, insieme a loro, si va in scena una grande festa di cori, artigiani, maschere, e performer che convergono nel borgo per ripensare e rivivere insieme la coralità.
Abitare Connessioni
Borghi in festival | 2-7 Agosto 2021
Orani • Mamoiada • Orgosolo • Ottana
Un progetto di Sardarch a cura di Enrica Puggioni, Nicolò Fenu, Matteo Lecis Cocco Ortu
Programma artistico a cura di Maria Paola Zedda – ZEIT